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QUANTO PARE animali quali scoiattoli e marmotte di tanto in tanto aprono un
occhio e si riprendono dal sonno profondo del letargo. Finora, i
ricercatori stentavano a spiegarsi un comportamento a prima vista
insensato, che provoca sprechi considerevoli di energia.
Eppure, Brian Prendergast, dell’Ohio State
University, e i suoi collaboratori non si sono dati per
vinti e alla fine hanno intuito le esigenze che spingono gli animali a interrompere il loro sonno. La sveglia sarebbe
collegata alla necessità di “ravvivare” un po’ il sistema immunitario e
controllare parassiti e patogeni. D’altra parte solo un’attività di
primaria importanza come questa spiegherebbe la dispersione dell’ottanta
per cento dell’energia che l’animale ha a disposizione per l’intero
inverno.
Questi
organismi, infatti, a differenza di orsi e
creature più grandi, che cadono in uno stato di torpore, subiscono una vera
e propria ibernazione invernale: la temperatura corporea scende fino ai 5
gradi e il battito cardiaco rallenta. Lo Spermophilus
lateralis, un vero esperto dell’ibernazione, per
cinque o sei mesi dorme tranquillo, con il cuore che batte due volte al minuto. Eppure, anche lui, più o
meno una volta a settimana, si risveglia, riportando la temperatura
a 37 gradi. Per capire il motivo di tutto ciò, il gruppo
guidato da Prendergast ha analizzato da vicino il
sonno di 31 scoiattoli, inserendo in questi individui dei
radiotrasmettitori che registrassero la temperatura degli animali ogni 5
secondi. In alcuni dei soggetti è poi stato iniettato del lipopolisaccaride (Lps), che
costituisce la parete esterna dei batteri.
Normalmente,
gli scoiattoli rispondono a un simile trattamento
con un febbrone (1-2 gradi sopra la media), ma negli animali in ibernazione
niente di tutto questo si verificava, indicando che il sistema immunitario
era a riposo anch’esso. Solo una volta svegliatisi, trascorso qualche
giorno, è comparsa la febbre, come se il Lps
fosse stato appena iniettato. «Gli animali possono uscire dall’ibernazione
per fare un controllo di sistema contro infezioni e parassiti che possono
averli colpiti», conclude Prendergast.
«Se i macrofagi (le prime cellule a rispondere a un’infezione batterica facendo insorgere la febbre, ndr) sono tenuti a basse temperature, probabilmente non
reagiscono. Ma se li riscaldi, quasi certamente producono le molecole della
febbre», ipotizza lo studioso
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