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spunti d'autore
 
   
Ulrich  Beck

Howard Gardner

Zygmunt Bauman

Alain Touraine

John Dewey
Norberto Bobbio
   

 


Ulrich  Beck

Il neoliberismo ha sempre avuto il difetto di funzionare solo in assenza di crisi o conflitti eccezionali. Secondo l’imperativo neoliberale, i problemi che affliggono il mondo intero, come la disoccupazione, la povertà e le crisi economiche sarebbero causati proprio dalla presenza eccessiva dello stato e della politica e dalla funzione regolatrice svolta dalla burocrazia. Il successo del neoliberismo si è basato sulla promessa che la liberalizzazione dell’economia e la globalizzazione dei mercati avrebbero risolto i grandi problemi dell’umanità, mentre lasciando libero sfogo all’egoismo si sarebbero eliminate le disuguaglianze nel mondo, garantendo una forma di giustizia globale.

Invece, la fede nella forza del mercato di questi fautori di un capitalismo fondamentalista si è rivelata essere, al più tardi da adesso, una pericolosa illusione. A quanto pare, in tempo di crisi il neoliberismo non è in grado di offrire alcuna risposta politica. L’idea, di fronte alla minaccia o alla realtà di una crisi, di aumentare la dose della medicina, e quindi di adottare misure economiche sempre più radicali per correggere le conseguenze negative della globalizzazione, rappresenta una teoria del tutto illusoria di cui ormai bisogna rendere conto.

La minaccia terroristica, invece, ci ha reso di nuovo consapevoli di alcune verità elementari che i successi del neo­liberismo avevano relegato in secondo piano: l’impossibilità di separare l’economia dalla politica e di garantire la sicurezza senza lo stato e un servizio pubblico; non esiste stato senza prelievo fiscale; non esistono istruzione, assistenza sanitaria, sicurezza sociale e democrazia senza prelievo fiscale; non esiste legittimazione senza opinione pubblica, democrazia e società civile; e infine, senza legittimazione, non esiste sicurezza.

 

Ulrich  Beck, Un mondo a rischio, (2002), Einaudi, Torino, 2003, pp. 31-33


 

 Howard Gardner

Dopo l’euforia degli anni sessanta e dell’inizio degli anni settanta, quando i pianificatori dell’istruzione pensavano di poter sanare facilmente i mali del mondo, siamo pervenuti alla dolorosa presa di coscienza che i problemi sono molto al di sopra della nostra comprensione, della nostra conoscenza e della nostra abilità di agire con prudenza. Siamo diventati molto più consapevoli dei ruoli della storia, della politica e della cultura nel circoscrivere o frustrare i nostri piani più ambiziosi e nel guidarli verso vie che non si sarebbero potute prevedere. […]

Problemi e potenzialità, però, continueranno ad esistere, e saranno persone – insegnanti di bambini in età prescolare non meno che ministri della pubblica istruzione – ad avere la principale responsabilità per lo sviluppo di altri individui. Esse assolveranno quest’obbligo con saggezza o con negligenza, in modo produttivo o improduttivo. Sembra preferibile che debbano affrontare questo compito con una qualche consapevolezza di quel che stanno facendo, con una qualche conoscenza dei metodi e dei risultati alternativi, piuttosto che affidandosi completamente all’intuizione o a un’ideologia. 

 Howard Gardner, Sapere per comprendere (1999), Feltrinelli, Milano, 1999

 


Zygmunt Bauman

Una società veramente autonoma può esistere soltanto nella forma del proprio progetto: cioè, come società che riconosce quale suo unico scopo e raion d’être non un modello precostituito di felicità, ma una libertà sempre più ampia di autoesame, di critica e di riforma.

[…]

Gli individui non possono essere liberi se non sono liberi di istituire una società che favorisca e salvaguardi la loro libertà; se non istituiscono insieme un organismo rappresentativo capace di arrivare esattamente a questo. E così il compito in agenda è la riconquista dell’ecclesia da parte dell’agorà.

Questo compito apre prospettive d’azione molto ampie alle classi intellettuali. Ma perché quest’azione possa essere intrapresa occorre cambiare direzione: dall’ecclesia all’agorà, a quello spazio politico in cui pubblico e privato si incontrano, in cui non solo è possibile scegliere tra le opzioni proposte, ma anche esaminare, discutere e rinegoziare la gamma delle opzioni. […]

Per rendere l’agorà adatta a individui autonomi e a una società autonoma occorre fermare al tempo stesso la sua privatizzazione e la sua politicizzazione.

 

Zygmunt Bauman, La solitudine del cittadino globale, (1999), Feltrinelli, Milano, 2000, pp. 86 e  111


 

Alain Touraine

Occorre evitare di separare l’insegnamento generale da quello professionale… […] L’obiettivo da raggiungere è quello di una coniugazione, la più articolata possibile, fra progetti professionali e motivazioni personali e culturali e ciò impone di riconoscere la pluralità delle funzioni della scuola. Essa, infatti, non ha solo la funzione di istruire, ma anche di educare, la quale consiste nel favorire la diversità culturale degli allievi e, insieme, nell’agevolare le attività attraverso le quali si forma e si afferma la loro personalità individuale. […]

La scuola del Soggetto andrà sempre più discostandosi dal modello che concepisce la scuola come un’istanza di socializzazione (qui nel senso di adeguamento ai “bisogni” della società: nota del curatore del sito). Certo la scuola fa parte della società; insegna la lingua, e le lezioni di storia e geografia danno rilievo alla realtà nazionale o regionale. Questo radicamento è necessario, ma la scuola non dev’essere fatta per la società; non deve attribuirsi come missione principale quella di formare dei cittadini oppure dei lavoratori, ma piuttosto di accrescere la capacità degli individui di essere Soggetti.

[…] Sarà sempre meno votata alla trasmissione di un complesso di conoscenze, norme e concezioni, mentre sarà sempre più incentrata, da un lato, sull’utilizzazione della strumentalità e, dall’altro, sull’espressione e la formazione della personalità. 

A. Touraine, cap. « La scuola del Soggetto » in Libertà, eguaglianza, diversità, Il saggiatore, Milano, 1992, (trad. it. 1997) p. 291


 

John Dewey

La devozione della democrazia all’educazione è un fatto ben noto.

… è evidente che una società alla quale sarebbe fatale la stratificazione in classi separate deve provvedere a che le opportunità intellettuali siano accessibili a tutti e a condizioni eque e facili. Una società distinta in classi deve prestare attenzione soltanto all’educazione dei suoi dirigenti. Una società mobile, ricca di canali distributivi di cambiamenti ovunque essi si verifichino, deve provvedere a che i suoi membri siano educati all’iniziativa personale e all’adattabilità.

[…]

… una società democratica deve avere un tipo di educazione che interessi personalmente gli individui alle relazioni e al controllo sociale, e sappia formare la mente in modo che possano introdursi cambiamenti sociali senza provocare disordini.

 

John Dewey, Democrazia e educazione (1915), citato da Norberto Bobbio nel 1990

 


Norberto Bobbio

 Ho detto più volte che la democrazia sarà compiuta quando ci sentiremo tutti cittadini del mondo. Questi cittadini del mondo nasceranno dalla scuola o non nasceranno. Il che non vuol dire diminuire o addirittura eliminare il senso della nostra identità nazionale, che tra l'altro, bisogna pur dirlo, in Italia non è molto alto. Ma dovrebbe essere una ragione di orgoglio far parte di una nazione tanto civile da contribuire ad avanzare nel cammino verso l'eguaglianza di tutti gli uomini, che è il presupposto della democrazia universale. Ma bisogna pur rendersi conto che il nemico è cambiato. Il nemico contro cui ha combattuto le sue battaglie la democrazia è stato il potere autocratico, il potere di oligarchie chiuse che perpetuano se stesse. La democrazia rappresenta il potere che sale dal basso contro il potere che scende dall'alto. Oggi ho l'impressione che il vero nemico della democrazia, cioè il governo dei cittadini responsabili, è proprio il contrario. Non è l'uomo di élite ma è l'uomo-massa. Il nemico non è l'uomo di eccezione che si erge prepotentemente sugli altri, o per lo meno non è solo questo, ma è l'uomo qualunque, il conformista, l' "uomo del gregge" per usare la celebre espressione di Nietzsche. Noi siamo abituati a vedere nell'uomo democratico l'opposto dell'uomo aristocratico. Oggi è tra noi un altro nemico della democrazia: l'uomo massificato, costruito, come in uno stampo, dall'influenza pervasiva, insistente, ossessiva, delle comunicazioni di massa. Non il Signore, ma al contrario il servo contento, contento perché non sa di essere servo.

La constatazione che il nemico è cambiato non è una ragione per desistere. è semmai soltanto una ragione per insistere, rendendosi conto di quali sono le nuove trincee su cui dobbiamo assestarci per una nuova e lunga battaglia, che è appena cominciata.

 

Norberto Bobbio, Democrazia e educazione, dalla Relazione tenuta in occasione dell'inaugurazione del Centro per l'Educazione in Torino (1990),

E non aveva ancora visto il peggio!