Ulrich Beck
Il neoliberismo ha sempre avuto il
difetto di funzionare solo in assenza di crisi o conflitti eccezionali. Secondo
l’imperativo neoliberale, i problemi che affliggono il mondo intero, come la
disoccupazione, la povertà e le crisi economiche sarebbero causati proprio dalla
presenza eccessiva dello stato e della politica e dalla funzione regolatrice
svolta dalla burocrazia. Il successo del neoliberismo si è basato sulla promessa
che la liberalizzazione dell’economia e la globalizzazione dei mercati avrebbero
risolto i grandi problemi dell’umanità, mentre lasciando libero sfogo
all’egoismo si sarebbero eliminate le disuguaglianze nel mondo, garantendo una
forma di giustizia globale.
Invece, la fede nella forza del mercato di questi fautori di un
capitalismo fondamentalista si è rivelata essere, al più tardi da adesso, una
pericolosa illusione. A quanto pare, in tempo di crisi il neoliberismo non è in
grado di offrire alcuna risposta politica. L’idea, di fronte alla minaccia o alla
realtà di una crisi, di aumentare la dose della medicina, e quindi di adottare
misure economiche sempre più radicali per correggere le conseguenze negative
della globalizzazione, rappresenta una teoria del tutto illusoria di cui ormai
bisogna rendere conto.
La minaccia terroristica, invece, ci ha reso di nuovo
consapevoli di alcune verità elementari che i successi del neoliberismo
avevano relegato in secondo piano: l’impossibilità di separare l’economia dalla
politica e di garantire la sicurezza senza lo stato e un servizio pubblico; non
esiste stato senza prelievo fiscale; non esistono istruzione, assistenza
sanitaria, sicurezza sociale e democrazia senza prelievo fiscale; non esiste
legittimazione senza opinione pubblica, democrazia e società civile; e
infine, senza legittimazione, non esiste sicurezza.
Ulrich Beck, Un mondo a rischio, (2002),
Einaudi, Torino, 2003, pp. 31-33
Howard
Gardner
Dopo l’euforia
degli anni sessanta e dell’inizio degli anni settanta, quando i
pianificatori dell’istruzione pensavano di poter sanare facilmente i
mali del mondo, siamo pervenuti alla dolorosa presa di coscienza che i
problemi sono molto al di sopra della nostra comprensione, della nostra
conoscenza e della nostra abilità di agire con prudenza. Siamo diventati
molto più consapevoli dei ruoli della storia, della politica e della
cultura nel circoscrivere o frustrare i nostri piani più ambiziosi e nel
guidarli verso vie che non si sarebbero potute prevedere. […]
Problemi e
potenzialità, però, continueranno ad esistere, e saranno persone –
insegnanti di bambini in età prescolare non meno che ministri della
pubblica istruzione – ad avere la principale responsabilità per lo
sviluppo di altri individui. Esse assolveranno quest’obbligo con
saggezza o con negligenza, in modo produttivo o improduttivo. Sembra
preferibile che debbano affrontare questo compito con una qualche
consapevolezza di quel che stanno facendo, con una qualche conoscenza
dei metodi e dei risultati alternativi, piuttosto che affidandosi
completamente all’intuizione o a un’ideologia.
Howard
Gardner, Sapere per comprendere (1999), Feltrinelli, Milano, 1999
Zygmunt Bauman
Una
società veramente autonoma può esistere soltanto nella forma del proprio
progetto: cioè, come società che riconosce quale suo unico scopo e raion
d’être non un modello precostituito di felicità, ma una libertà sempre più
ampia di autoesame, di critica e di riforma.
[…]
Gli individui non possono essere
liberi se non sono liberi di istituire una società che favorisca e salvaguardi
la loro libertà; se non istituiscono insieme un organismo rappresentativo
capace di arrivare esattamente a questo. E così il compito in agenda è la
riconquista dell’ecclesia da parte dell’agorà.
Questo compito apre prospettive
d’azione molto ampie alle classi intellettuali. Ma perché quest’azione possa
essere intrapresa occorre cambiare direzione: dall’ecclesia all’agorà,
a quello spazio politico in cui pubblico e privato si incontrano, in cui non
solo è possibile scegliere tra le opzioni proposte, ma anche esaminare,
discutere e rinegoziare la gamma delle opzioni. […]
Per rendere l’agorà adatta a
individui autonomi e a una società autonoma occorre fermare al tempo stesso la
sua privatizzazione e la sua politicizzazione.
Zygmunt Bauman, La
solitudine del cittadino globale, (1999), Feltrinelli, Milano, 2000, pp. 86
e 111
Alain Touraine
Occorre evitare di separare
l’insegnamento generale da quello professionale… […] L’obiettivo da raggiungere
è quello di una coniugazione, la più articolata possibile, fra progetti professionali
e motivazioni personali e culturali e ciò impone di riconoscere la pluralità
delle funzioni della scuola. Essa, infatti, non ha solo la funzione di
istruire, ma anche di educare, la quale consiste nel favorire la diversità
culturale degli allievi e, insieme, nell’agevolare le attività attraverso le
quali si forma e si afferma la loro personalità individuale. […]
La scuola del Soggetto andrà sempre più
discostandosi dal modello che concepisce la scuola come un’istanza di
socializzazione
(qui nel senso di adeguamento ai “bisogni” della società:
nota del curatore del sito). Certo la scuola fa parte della società; insegna la
lingua, e le lezioni di storia e geografia danno rilievo alla realtà nazionale
o regionale. Questo radicamento è necessario, ma la scuola non dev’essere fatta
per la società; non deve attribuirsi come missione principale quella di formare
dei cittadini oppure dei lavoratori, ma piuttosto di accrescere la capacità
degli individui di essere Soggetti.
[…] Sarà sempre meno votata alla trasmissione di un
complesso di conoscenze, norme e concezioni, mentre sarà sempre più incentrata,
da un lato, sull’utilizzazione della strumentalità e, dall’altro,
sull’espressione e la formazione della personalità.
A. Touraine, cap. « La scuola
del Soggetto » in Libertà, eguaglianza, diversità, Il saggiatore,
Milano, 1992, (trad. it. 1997) p. 291
John Dewey
La devozione della
democrazia all’educazione è un fatto ben noto.
… è evidente che
una società alla quale sarebbe fatale la stratificazione in classi
separate deve provvedere a che le opportunità intellettuali siano
accessibili a tutti e a condizioni eque e facili. Una società distinta
in classi deve prestare attenzione soltanto all’educazione dei suoi
dirigenti. Una società mobile, ricca di canali distributivi di
cambiamenti ovunque essi si verifichino, deve provvedere a che i suoi
membri siano educati all’iniziativa personale e all’adattabilità.
[…]
… una società
democratica deve avere un tipo di educazione che interessi personalmente
gli individui alle relazioni e al controllo sociale, e sappia formare la
mente in modo che possano introdursi cambiamenti sociali senza provocare
disordini.
John
Dewey, Democrazia e educazione (1915), citato da Norberto Bobbio
nel 1990
Norberto Bobbio
Ho
detto più volte che la democrazia sarà compiuta quando ci sentiremo
tutti cittadini del mondo. Questi cittadini del mondo nasceranno dalla
scuola o non nasceranno. Il che non vuol dire diminuire o addirittura
eliminare il senso della nostra identità nazionale, che tra l'altro,
bisogna pur dirlo, in Italia non è molto alto. Ma dovrebbe essere una
ragione di orgoglio far parte di una nazione tanto civile da contribuire
ad avanzare nel cammino verso l'eguaglianza di tutti gli uomini, che è
il presupposto della democrazia universale. Ma bisogna pur rendersi
conto che il nemico è cambiato. Il nemico contro cui ha combattuto le
sue battaglie la democrazia è stato il potere autocratico, il potere di
oligarchie chiuse che perpetuano se stesse. La democrazia rappresenta il
potere che sale dal basso contro il potere che scende dall'alto. Oggi ho
l'impressione che il vero nemico della democrazia, cioè il governo dei
cittadini responsabili, è proprio il contrario. Non è l'uomo di élite ma
è l'uomo-massa. Il nemico non è l'uomo di eccezione che si erge
prepotentemente sugli altri, o per lo meno non è solo questo, ma è
l'uomo qualunque, il conformista, l' "uomo del gregge" per usare la
celebre espressione di Nietzsche. Noi siamo abituati a vedere nell'uomo
democratico l'opposto dell'uomo aristocratico. Oggi è tra noi un altro
nemico della democrazia: l'uomo massificato, costruito, come in uno
stampo, dall'influenza pervasiva, insistente, ossessiva, delle
comunicazioni di massa. Non il Signore, ma al contrario il servo
contento, contento perché non sa di essere servo.
La constatazione che il nemico è cambiato
non è una ragione per desistere.
è semmai soltanto una ragione per insistere, rendendosi conto di
quali sono le nuove trincee su cui dobbiamo assestarci per una nuova e
lunga battaglia, che è appena cominciata.
Norberto Bobbio, Democrazia e educazione, dalla Relazione tenuta
in occasione dell'inaugurazione del Centro per l'Educazione in Torino (1990),
E non aveva ancora visto il
peggio!
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